martedì 21 gennaio 2014

Liste corte o preferenze? E se facessimo entrambe?

Uno dei principali punti delicati della riforma elettorale che va delineandosi è quella relativa al mancato ritorno delle preferenze.
Premetto che non sono mai stato un fan delle preferenze per i problemi che si portano dietro (influenza della crimnalità organizzata, incentivazione del voto di scambio, aumento dei costi delle campagne elettorali, ecc. ecc.).

E penso pure che se non venissimo da 8 anni di "porcellum", oggi ci sarebbero molte meno resistenze ad accettare liste bloccate molto corte, d'altra parte dopo una indigestione di maiale non se ne vorrebbe sentire manco l'odore...

La proposta di Renzi che sta trovando l'accordo più o meno di tutti prevede dunque un numero elevato di circoscrizioni piccole (4-500 mila abitanti) con liste bloccate da 5-6 candidati.



Resta irrisolto il problema di come vengono selezionate le candidature, problema che ci sarebbe anche più ampliato in caso di collegi uninominali.
Una soluzione per evitare di trovarsi di nuovo con un Parlamento di nominati è quella di effettuare le primarie per selezionare i candidati delle liste bloccate. 

Però come? obbligatorie per legge? Su base volontaria? 
Renderle obbligatorie è una via per me non praticabile almeno nel breve-medio periodo, perché si dovrebbero prevedere regole chiare e valide per tutti, nonché un loro svolgimento non dato più esclusivamente in mano ai partiti ma con dei controllori esterni (con aumento dei costi).
Un'ipotesi del genere per me funzionerebbe in uno scenario bipartitico dove entrambi i contendenti sono grandi partiti ben radicati su tutto il territorio nazionale. Avrebbero senso primarie della Lega nelle regioni del sud?

Lasciarle facoltative non assicura che poi tutti le facciano. E non evita che poi in mezzo ai candidati scelti con le primarie ci finiscano altri candidati catapultati dall'alto per avere un seggio sicuro.

E se mantenessimo le liste piccole non più bloccate ma aperte alle preferenze? So che è una provocazione ma comporterebbe molti vantaggi, riducendo i problemi che un sistema con le preferenze si porta dietro.

- Per i partiti che faranno le primarie, lo strumento della preferenza nella scheda elettorale rappresenta una specie di "secondo turno". Con le primarie si selezionano i 5-6 candidati preferiti dalla base, con le elezioni vere e proprie si stabilisce il loro ordine. Anche perché il corpo elettorale delle primarie non coincide con l'elettorato di un partito. La stragrande maggioranza degli elettori quando si svolgono le primarie non sanno neanche per chi voteranno alle elezioni (e può capitare che non siano ancora ben definite le coalizioni in campo), quindi non vanno di sicuro a votare alle primarie. Però una volta deciso di votare per un certo partito potrebbero aver piacere di scegliere tra i pochi candidati quello che preferiscono

- sparirebbero i candidati catapultati dall'alto: che senso avrebbe esentarli dalle primarie se tanto poi dovranno conquistarsi il seggio con le preferenze? E se anche ci fossero (immaginiamo ad esempio una personalità di prestigio convinta all'ultimo momento a candidarsi per un certo partito) dovrebbero comunque passare per un avallo da parte degli elettori.

- con liste piccole, i nomi dei candidati possono essere inseriti direttamente nella scheda e sarà più facile esprimere il voto di preferenza senza incappare in errori

- per i partiti che non vorranno fare le primarie (partiti piccoli, partiti nuovi non ancora ben radicati nel territorio, partiti che vogliono fare le primarie solo in alcune circoscrizioni, ecc. ecc.), la lista dei candidati sarà scelta sì dai pochi capi partito, ma sarà poi l'elettore a stabilire chi dei 5-6 sarà meritevole del seggio

- con liste piccole, poniamo da 6 candidati, già è sicuro che gli ultimi due della lista non saranno mai eletti. Non saranno quindi incentivati a fare campagna elettorale e a stabilire un rapporto più diretto con gli elettori di quella circoscrizione

- i problemi connessi al meccanismo delle preferenze non sparirebbero ma sarebbe tutto ricondotto ad una rosa di candidati più ristretta e, almeno per chi farà le primarie, selezionati dalla base del partito.

Resterebbe poi il problema della parità di genere, risolvibile eventualmente nominando eletti i candidati più votati alternando uomo/donna.

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