lunedì 26 giugno 2017

Bici in città. Si può, anche a Perugia.

Usare la bici come mezzo di trasporto in città? Lo fanno in tanti, anche in Italia. Principalmente al nord e nelle città di pianura.
Si può fare anche a Perugia, lo sto facendo da 4 anni. E' un po' più complicato che farlo a Ferrara, ma meno di quanto si pensi.


Questo è un caso estremo, ma tra portapacchi e sacche laterali
anche in bici si riesce a trasportare un discreto bagaglio


In bici perché?
Ho sempre pensato che all'interno delle città l'automobile debba essere usata il meno possibile: quando si viaggia in più persone, quando si devono trasportare volumi ingombranti, quando si devono coprire distanze chilometriche di un certo livello o quando le condizioni climatiche siano complicate. In tutti gli altri casi dovrebbe esserci un'alternativa almeno parziale.

Invece l'esperienza di tutti i giorni ci dice che la quasi totalità delle auto che circolano in città (e a Perugia il tasso di motorizzazione è il più alto d'Italia) hanno un solo passeggero, hanno il bagagliaio vuoto e sono usate per coprire tragitti di pochi chilometri.


Il mezzo pubblico può andare bene solo per chi fa più o meno lo stesso tragitto tutti i giorni e questo sia ben servito e non è il mio caso. L'idea della bici mi ha sempre solleticato e invidiavo chi abitava in città dove questo potesse essere possibile. L'orografia cittadina di Perugia apparentemente era un ostacolo troppo grande per pensare di girare in bici con i vestiti normali e senza bisogno di farsi una doccia dopo ogni utilizzo.

Lo scooter era pur sempre un'alternativa ma se da un lato manteneva tutti gli svantaggi che può dare l'uso della bici, i vantaggi da contrapporre non erano così forti.

Poi ho scoperto e toccato con mano le bici a pedalata assistita grazie al servizio di bike sharing messo in piedi dalla città di Perugia qualche anno fa. Un servizio, per come pensato e realizzato, tutto sommato inutile (più avanti dirò perché) ma che è servito a me per provare cosa significasse avere sotto le chiappe un mezzo del genere.
Benché le bici del bike sharing siano, tra quelle a pedalata assistita, tra le più scadenti ne ho intuito subito il potenziale e mi si è rotta quella barriera, mentale e non, per farmi prendere la decisione.
Rapide ricerche nei forum specializzati per capire differenze, pregi e difetti delle varie tipologie di motore e di batterie e mi sono deciso all'acquisto.

Quale bici
Esistono molti tipi di bici a pedalata assistita in commercio. Sostanzialmente sono 3 i fattori da prendere in considerazione:
- il tipo e la qualità della bici nei suoi componenti "tradizionali": da passeggio o mountain bike, tipo di cambio, tipo di freno, ammortizzatori, ecc.
- il motore: le soluzioni più comuni sono 2, motore sul mozzo della ruota posteriore o motore centrale sul gruppo pedali. Il primo è una soluzione più economica e meglio adattabile a tutte le bici perché non richiede modifiche importanti al telaio, il secondo è più efficace e potente perché agisce direttamente sull'azione della pedalata. 
- la batteria: ormai quelle al piombo sono obsolete perché più pesanti, di problematico smaltimento e più complicate da gestire nel ciclo carica-scarica e si sono definitivamente affermate quelle al litio che si differenziano tra loro per numero di celle e di conseguenza per la capacità in ampere (che incide sull'autonomia) e per il voltaggio (che influenza l'erogazione di potenza).

Per una bici a pedalata assistita si va da poche centinaia a qualche migliaia di euro. Le più economiche in assoluto (come quelle del bike sharing a Perugia) sono di base bici meccanicamente "povere" (freni a tamburo, cambio essenziale, ecc.) hanno batteria al piombo, motore sul mozzo della ruota posteriore e batteria poco performante. E per Perugia non sono indicate perché sulle pendenze più impegnative mostrano sofferenza e anche l'autonomia della batteria ne risente molto.

Per una bici a motore centrale (i produttori più famosi dei motori in questo segmento di mercato sono i big Bosch e Yamaha e l'emergente Brose) ci vogliono almeno 2.000 euro, che diventano 2.500-3.000 se si vuole una bici qualitativamente un po' più all'altezza in termini di robustezza telaistica e meccanica. Se poi uno volesse una bici al top con telaio in carbonio e altre ricercatezze varie si può arrivare anche a 6.000 euro e oltre.

Esistono poi dei kit composti da motore, batteria e centrale di comando, applicabili a quasi tutte le bici tradizionali. Soluzioni economiche che però presentano pure qualche controindicazione perché un telaio non progettato appositamente per una bici a pedalata assistita espone i componenti a maggior rischio danneggiamento e non è pensato per sopportare un peso supplementare importante.

Di norma il peso delle bici a pedalata assistita varia tra i 20 e i 23 kg, circa il doppio di quelle tradizionali.

Da notare che le bici a pedalata assistita non nascono per rispondere solo all'esigenza di mezzo di trasporto alternativo ma anche come ausilio per chi utilizza la bici per divertimento, soprattutto in montagna e soprattutto nei sentieri fuoristrada.

Ho avuto 2 bici (una mi è stata rubata) ed in entrambi i casi la mia scelta è caduta su una bici a motore centrale (Bosch), ideale per sopportare qualunque pendenza che la città di Perugia offre con le sue strade. La batteria al litio garantisce un'autonomia di almeno 35-40 km e i tempi di ricarica brevi (una ricarica da 0% a 100% richiede circa 2 ore e 40 minuti) assicurano la possibilità di un utilizzo pressoché continuo per il tipo di esigenza chiamata a soddisfare.
La batteria può essere caricata sia asportandola dalla bici sia lasciandola nella propria sede mediante apposito alimentatore in dotazione che si collega a una normale presa italiana a 220V come un computer portatile.
Il motore in sé è un "normale" motore elettrico da 250W (oltre tale potenza non sono omologabili) ma con una sofisticata centralina elettronica: ci sono sensori che misurano la velocità, la cadenza della pedalata e lo sforzo impresso sul pedale e la centralina elabora questi dati centinaia di volte al secondo per decidere quale potenza erogare per permettere una pedalata più fluida possibile.

Quanto aiutano?
Molto. Ogni bici a pedalata assistita ha differenti livelli di assistenza del motore che il ciclista può scegliere liberamente.
In generale la fatica è minima, come andare a passeggio in pianura e si possono fare tutti i tipi di salita senza nessun problema. Solo pendenze più dure come ad esempio il bulagaio o la piaggia colombata richiedono un piccolo sforzo muscolare in più (ma parliamo sempre di sforzi accessibili a tutti!) e solo se si vogliono tenere velocità di rilievo (17-22 km/h) perché anche in queste salite è possibile faticare praticamente zero tenendo velocità basse (7-12 km/h).

E' possibile scegliere l'assistenza zero, cioè senza ausilio del motore che è abbastanza improponibile perché non è come andare con una bici normale, sia per il peso decisamente più importante sia per l'attrito generato dagli ingranaggi del motore innestati nel mozzo pedali. Praticabile in strade perfettamente pianeggianti ma basta un cavalcavia per faticare sensibilmente. Poi ci sono 3 o 4 step che erogano differente potenza al motore. Ovviamente più è alta l'assistenza richiesta, minore sarà l'autonomia della batteria.
Nel mio caso, utilizzando la bici come mezzo di trasporto ed avendo quindi come esigenza primaria quella della velocità, utilizzo quasi sempre l'assistenza massima, tranne quando so che devo stare attento all'autonomia della batteria perché devo coprire distanze più lunghe senza avere possibilità di ricaricarla durante le soste e allora mi attesto su un'assistenza intermedia che a parità di fatica (pressoché nulla) mi permette una velocità un po' più lenta (da 3 a 5 km/h in meno).

L'assistenza massima offre il triplo della potenza impressa dal ciclista sul pedale. Significa che se si imprime una forza di 50 Watt, il motore ne aggiunge 150 ed è come se il ciclista stesse imprimendo 200 Watt di potenza.
Per dare qualche idea: un ciclista professionista nelle lunghe salite del Giro o del Tour sviluppa circa 400 Watt di potenza. Con la potenza massima imprimendo 100 Watt di potenza al pedale (sforzo accessibile a tutti) il motore aggiunge 250 Watt (non 300 perché il motore più di 250 non può dare). Per avere performance superiori si può solo agire sui muscoli. Quando si pedala in totale scioltezza si imprimono dai 60 agli 80 watt.

Con l'assistenza massima, se si facessero solo salite con forte pendenza (tipo bulagaio) la batteria consentirebbe non più di 9-10 km. Già per salite più soft come può essere quella salendo da Piscille o dalla stazione al centro, l'autonomia crescerebbe ad almeno 20 Km. Nel percorso misto con salita, discesa e pianura come detto l'autonomia è di almeno 35-40 Km. Se si è meno esigenti con la richiesta di potenza al motore si arriva a 50, 60 e oltre senza particolare affanno.

Due concetti importanti riguardo le bici a pedalata assistita:
- non è un motorino elettrico. Per avere assistenza dal motore bisogna comunque pedalare. Se non si pedala si sta fermi. Il compito del motore è appunto quello di moltiplicare l'energia impressa sul pedale dalla gamba del ciclista.
- quando si raggiungono i 25 km/h il motore "stacca", altrimenti non potrebbe avere l'omologazione come tale e diventerebbe come un motorino con obbligo di targa, luci, casco, bollo e assicurazione. E' ovviamente possibile andare a più di 25 km/h ma in quel caso si dovrà ricorrere ai propri mezzi fisici. Il motore si può anche "truccare", o meglio il trucco consiste nell'ingannare i sensori, per avere assistenza anche oltre i 25 km/h. Ovviamente è illegale (a meno che non ci giri solo su strada privata).

- la città di Perugia
Si può pensare di utilizzare la bici nella città di Perugia (intesa come zona centrale, tralasciando quindi le frazioni periferiche anche pianeggianti) solo ricorrendo, salvo rari casi, a quelle a pedalata assistita e questo è sicuramente un ostacolo. E tra quelle a pedalata assistita consiglio vivamente quelle più performanti con motore centrale.

Altro ostacolo è la pressoché totale insensibilità verso questo mezzo da parte dell'amministrazione comunale (a scanso di equivoci vale per questa come per le precedenti).
Non si può pensare che di punto in bianco si creino dal nulla piste ciclabili, corsie riservate o altro, ma qui l'argomento non viene minimamente affrontato. E sì che ci sarebbero anche soluzioni parziali a costi più che sostenibili che potrebbero aiutare in tal senso.

Il già citato bike sharing appare più come una medaglietta da appuntarsi al petto che non come un servizio realmente utile. Il bike sharing dovrebbe permettere di spostarsi da una zona all'altra della città. Da noi le stazioni sono solo in zona pian di massiano e più recentemente in piazza Italia. Quindi cui prodest? Per andare da pian di massiano in centro c'è già il minimetro, e muoversi all'interno della zona di pian di massiano a chi può servire dal momento che il grosso dei frequentatori della zona ci va a passeggiare o a correre? Magari può servire a uno studente di ingegneria per raggiungere il minimetro o il cinema borgonovo e poco più. Infatti i numeri stanno a dimostrare che vengono usate pochissimo e per me il motivo risiede proprio nella loro oggettiva inutilità anziché ad una presunta incompatibilità della bici con la città di Perugia.

Tanto per dare il segno di quanto le bici siano l'ultimo dei pensieri di chi governa la viabilità della città, è emblematico ciò che è accaduto con le rastrelliere per posteggiarle. Ce ne sono pochissime in città, credo 5 o 6 in tutto, nessuna nei luoghi più frequentati e di attrazione. Non solo non se ne mettono di più, ma si tolgono o si rendono inefficaci anche le poche che ci sono. In piazza Matteotti con il rifacimento della pavimentazione sono stati tolti i 3 pali per le bici e mai più rimessi; a S.Francesco al Prato si tollerano le auto parcheggiate davanti, in piazza Morlacchi le auto che parcheggiano lungo le fioriere che separano la strada dall'area antistante la biblioteca di lettere (e dove stanno 3 pali per le bici) rischiano di formare una barriera insuperabile, ma il top della comicità si è raggiunto in piazza Grimana dove l'area difronte all'Università per Stranieri è diventata parcheggio per auto e i 3 pali per le bici sono finiti in mezzo alle strisce bianche per le auto così da essere inutilizzabili. 
Il risultato è che io e i pochi altri che usano la bici sono costretti a legarli ai pali dei cartelli stradali, ai lampioni, ai pali con le targhette dei monumenti e così via.

Qualche minima cosa si è fatta nel tempo per creare delle pseudo piste ciclabili (avete presente i ponti rossi in via settevalli?) e qualche percorso alternativo si riesce faticosamente a ricavare, ma non c'è nulla a livello di segnaletica. Io stesso ogni tanto scopro qualcosa di nuovo e sconosciuto, figurarsi un turista che viene da fuori.

La mia esperienza
A metà luglio saranno 4 anni di utilizzo della bici come mezzo di trasporto a Perugia. Circa 24.000 km. Non ho rottamato la mia auto che mi serve ancora in limitate circostanze o quando devo andare fuori città ma sono sempre più frequenti le occasioni in cui evito di utilizzarla. E' cambiato un po' anche il modo di pensare e di approcciarsi all'uso dell'auto. Mentre prima appena mi serviva la prendevo, ora cerco di concentrare in unico momento tutto ciò che richiede l'uso dell'auto (ad esempio se devo comprare qualcosa di voluminoso attendo che debba prendere l'auto per andare magari fuori città o per fare una consegna). E se 24.000 Km sono in media 6.000 Km all'anno, in realtà sono passato dai 4.500 km del 1° anno ai 7.500 del 4° anno a dimostrare la sempre maggiore propensione a rinunciare all'uso dell'auto se non quando strettamente necessario.

Gli svantaggi (potenziali e reali)

- il traffico e le buche
A mio avviso è questo l'ostacolo più grande nell'utilizzo della bici nella città di Perugia. Gli automobilisti nono sono abituati a doversi rapportare con i ciclisti che vengono totalmente ignorati. Il caso più frequente che mi capita è l'auto che mi sorpassa e subito dopo deve girare a destra, costringendomi a brusche frenate o deviazioni improvvise. Mi capita mediamente 1 volta al giorno, sembra tanto ma è così. Per cui bisogna prestare attenzione massima, saper prevedere il comportamento degli automobilisti e stare sempre pronti a manovre di emergenza. Per "sopravvivere" devo diventare a mia volta un po' prepotente nell'occupare parte della strada. Mi rendo conto che per chi non è abituato ad andare con le due ruote può essere un forte deterrente.

E le buche e lo stato disastrato delle nostre strade è un altro grande problema perché da un lato costringe a manovre repentine non sempre possibili, dall'altro non consente al ciclista di stare il più a destra possibile sulla carreggiata (i tombini infossati nell'asfalto sono vere e proprie trappole).
Nella mia esperienza annovero per cause relative allo stato delle nostre strade due forature, una caduta e un cerchio piegato da sostituire.

- il tempo e il meteo
In questo caso la realtà è molto meno severa di quanto si pensi. Nel mio caso l'uso della bici è sconsigliato o impossibile quando c'è nebbia (per motivi di sicurezza) o pioggia forte o temporali sia perché ci si rischia di infradiciare sia per motivi di sicurezza legati alla visibilità e alla viscosità dell'asfalto. Con pioggia lieve è sufficiente un k-way o un giacchetto antivento ed eventualmente coprigambe impermeabili se proprio uno non può permettersi qualche goccia sui pantaloni. Difficilmente ci si sporca per gli schizzi altrui ed è sufficiente un pizzico di attenzione in più nel valutare i tempi di frenata.
Anche col buio no problem, anzi nel mio caso quando faccio strade illuminate poco o per nulla mi sento paradossalmente più scuro. E' fondamentale dotarsi faretti potenti da pochi euro. Gli altri mi percepiscono molto meglio che di giorno e io stesso mi rendo conto con larghissimo anticipo quando ci sono auto che vengono da dietro o in senso contrario. 
Troppo caldo o troppo freddo? Per me non è mai stato un problema. Col caldo l'isolamento termico del caschetto ha un bell'effetto e l'aria che arriva in faccia contribuisce a un comfort migliore. Certamente con l'aria condizionata si sta meglio, ma è molto meglio e si suda molto meno rispetto a quando si cammina.
Quando è freddo basta coprirsi bene. Non servono mille strati ma una buona giacca anti vento e fondamentali sono i guanti, anch'essi non i classici di lana ma quelli antivento. L'unica volta che ho dovuto rinunciare a prendere la bici d'inverno, oltre a quando piove o nevica, è stato solo per il rischio ghiaccio sulla strada.


- i furti
Pensavo che in una città come Perugia fosse un problema marginale ma non è così. E l'ho vissuto sulla mia pelle quando mi è stata rubata la prima bici a pedalata assistita nonostante fosse legata a un palo e in bella vista. Le bici a pedalata assistita sono appetibili, esiste una sola compagnia che assicura il furto a prezzi molto esosi e una volta rubata è molto difficile ritrovarla.
Vista l'esperienza ho cercato di adeguarmi, conscio di non poter eliminare il rischio ma cercando di limitarlo il più possibile. Tre diversi sistemi di chiusura differenti (che richiedono quindi metodi di scassinamento differenti allugando i tempi del lestofante) e a breve sperimenterò anche un sistema antifurto gps. Questo richiede il doversi portare dietro lucchetti e catene e perdere un po' di tempo ad ogni sosta per trovare pali adatti, legare e slegare il tutto.
La batteria, altro elemento di valore, ha una sua serratura. Che non sarà blindatissima ma dovrebbe scoraggiare il ladro occasionale.
Poi guai a dimenticarsi oggetti di valore nelle sacche del portapacchi che non hanno chiusure di sicurezza. Al più mi potranno rubare una camera d'aria o il caschetto che non mi porto dietro. Questo però potrebbe scoraggiare l'uso della bici quando si effettuano soste intermedie non potendo lasciare incustoditi gli oggetti che eventualmente si trasportano e richiede una certa organizzazione logistica, a volte difficoltosa. 

I vantaggi

- vantaggio economico
Elemento importante ma non così essenziale. Nell'utilizzo quotidiano la spesa di gestione è risibile ed è pari al solo costo dell'energia elettrica per ricaricare la batteria. Con 1 euro si percorrono tra gli 800 e i 1.200 Km....

C'è poi il tutto il discorso della manutenzione del mezzo. La bici in quanto tale richiede qualche piccola attività di manutenzione. Ogni tanto occorre lubrificare gli ingranaggi e la catena (operazione semplice che si può fare da soli o portandola dal ciclista) e vanno sostituiti alcuni componenti con frequenze differenti rispetto a quanto siamo abituati per le auto. Ad esempio le pasticche dei freni a disco durano circa 2.000 Km (20-25 euro a ruota), gli pneumatici a seconda della loro qualità e del tipo di terreno percorso possono variare tra i 2.000 e gli 8-10.000 km (costo medio di un copertone dai 20 ai 35 euro). Quando i chilometraggi cominciano a diventare importanti occorre sostituire anche catena e pignoni del cambio ma sempre con costi molto ridotti se rapportati ai chilometri percorsi.

La parte elettrica (motore, batteria, centralina e sensori vari) non richiede alcuna manutenzione. Si può solo incappare in qualche guasto e possono essere dolori. A me si è rotto il motore (qualcosa negli ingranaggi interni) ma fortunatamente era in garanzia e in 4 giorni è arrivata un nuovo motore dalla Bosch.
La vera spesa è quella relativa alla batteria perché come tutte le batterie al litio e in genere quelle ricaricabili, dopo un po' "muoiono" e vanno sostituite. Il loro costo è elevato (dai 500 agli 800 euro), il dato importante è ogni quanto accade. Bosch dichiara che dopo 500 cicli completi di ricarica (se ricarico per 5 volte una batteria per il 20% si considera come 1 ricarica completa) la batteria perde il 30% del suo potenziale e dopo un po' pertanto andrà sostituita. Senza contare altri fattori che possono rovinare la batteria, tipo tenerla troppo tempo (mesi) ferma senza fargli fare né chilometri né ricariche o tenerla esposta a temperatura troppo basse o troppo elevate.
Per la mia esperienza diretta la batteria può durare almeno 25.000 Km. Per una batteria che costa 600 euro significa spendere 2,4 euro ogni 100 Km, che non è tanto specie se rapportato ai costi di manutenzione di un'automobile, ma non è propriamente poco per un mezzo che nell'immaginario è gratuito o poco più.
La mia prima bici ha percorso 19.000 Km e la batteria cominciava a dare qualche segnale di sofferenza anche se l'autonomia era ancora più che buona. Quella attuale ha una capacità maggiore del 40% (quindi con un ciclo di carica faccio almeno 35-40 km mentre prima ne facevo 25-30) per cui mi aspetto di farci almeno 25-30.000 km prima di doverla sostituire.

- tempi di percorrenza
Girare in bici in città fa mediamente risparmiare tempo. La mia velocità media è costantemente tra i 23 e i 25 km/h, fate due conti e scoprirete che con l'automobile non sono più alte. A maggior ragione vinco il confronto rispetto al mezzo pubblico: ho più volte sperimentato che facendo lo stesso tragitto faccio prima io con la bici.
Se consideriamo un tragitto più lungo che comprende anche strade a scorrimento veloce fuori città, l'auto torna ad essere un po' più veloce ma all'interno della città e con percorrenze entro i 5-7 Km non c'è partita.
Le code non si fanno, qualche semaforo può essere "variamente interpretato", si percorre meno strada grazie alla possibilità di utilizzare anche strade chiuse al traffico o pedonali (faccio discreto uso anche delle corsie riservate ai bus), non esiste ztl e si parcheggia dove si deve andare senza essere costretti a lasciare il mezzo a buona distanza o dover aspettare che si liberi un buco.
E questo porta anche a un altro vantaggio economico importante per una città come Perugia: l'abbattimento della "tassa Sipa". Prima tra parcheggi e strisce blu spendevo parecchio, ora con soddisfazione non contribuisco ad alimentare la scellerata convenzione tra Comune e Sipa per i parcheggi cittadini.

- stress
Girare in bicicletta, al netto del problema di dover avere cento occhi e tenere l'attenzione al massimo quando si è su strade trafficate, è molto rilassante. E me ne accorgo quelle poche volte che prendo l'auto e mi sale una certa insofferenza (che prima non avvertivo), si tende a essere più prepotenti e intolleranti con tutto ciò che ci circonda, dagli altri automobilisti ai lavavetri ai semafori.
Tanto che oggi se non posso prendere per un qualunque motivo la bici, se possibile preferisco l'autobus o il minimetro.

- salute
Anche se in qualche punto della città molto trafficato la puzza di smog, soprattutto in inverno, dà fastidio, è notorio che andare in bicicletta fa bene e permette di fare quel minimo movimento fisico che i ritmi lavorativi spesso ci impediscono di fare. Invece che andare in palestra o andare a correre, riesco a fare attività fisica mentre mi sposto all'interno della città. Va detto che con l'aiuto del motore elettrico lo sforzo non è un granché, ma meglio di niente sarà.

- fare qualcosa di utile per la collettività
Ci sono molti aspetti della nostra vita quotidiana che potrebbero essere molto migliori se ognuno di noi facesse qualcosa non solo pensando a cosa è meglio per se stessi ma anche a cosa è meglio per la collettività.
Il mio andare in bici significa anche minor inquinamento, minor consumo di aria, di petrolio e di asfalto, code più corte di 5 metri, una possibilità in più di trovare un parcheggio libero per chi utilizza l'auto. Di contro farò scontento qualche benzinaio e il mio meccanico che mi vede più di rado e farò scontento qualcuno che occasionalmente deve aspettare qualche secondo prima di potermi sorpassare in strada (salvo poi essere risuperato al primo semaforo o rallentamento...).
Direi che sono di gran lunga più i pro che i contro.


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