sabato 13 gennaio 2018

Rosatellum col buco?

Ennesima legge elettorale scritta in fretta e con i piedi che presenta dei buchi clamorosi. Non succederà, ma se dovesse succedere che i partiti apparentati litighino tra il 21 gennaio (data in cui viene depositata la dichiarazione di collegamento) e il 29 gennaio (data di deposito delle liste con i candidati) che si fa? Il rischio di ricatto da parte degli alleati nell'esempio qui mostrato è forte e concreto.



Il "Rosatellum", legge elettorale con la quale andremo alle urne il 4 marzo 2018, oltre a presentare elementi a mio avviso di incostituzionalità (che verranno però eventualmente accertati a elezioni avvenute), come ogni legge elettorale fatta in Italia negli ultimi anni e scritta con i piedi, ha dei buchi spaventosi.


Per capire meglio i concetti facciamo un esempio pratico con l'Umbria limitandoci alla Camera dei Deputati (le stesse considerazioni valgono anche per il Senato).
L'Umbria è costituita da un unico collegio plurinominale coincidente con il territorio regionale che elegge 6 deputati in modo proporzionale ed è poi divisa in 3 collegi uninominali che fanno riferimento a Perugia, Foligno e Terni. Ciascun collegio uninominale elegge un deputato, quello che prende più voti.
Complice anche il divieto di voto disgiunto (voto un candidato nell'uninominale e un partito di un'altra coalizione nella parte proporzionale), ciascuna lista deve presentare sia candidati nel collegio plurinominale sia nei collegi uninominali di quel territorio a pena esclusione da quel collegio plurinominale.


Primo buco

Un primo buco della legge è stato sollevato dalla lista +Europa e riguarda la raccolta delle firme. Problema che è stato poi bypassato dalla lista grazie al salvagente di Tabacci che ha garantito l'esenzione dalla raccolta firme, ma che resta in piedi per qualunque lista debba raccogliere firme.
I moduli con l'indicazione dei candidati e le firme a supporto devono essere presentati presso le Corti di appello di tutta Italia tra il 29 e il 31 gennaio. 
Il problema è che nel modulo di raccolta firme devono essere indicati sia i candidati nella parte proporzionale dei collegi plurinominali che sono propri di ciascuna lista, sia nella parte maggioritaria dei collegi uninominali che, nel caso di apparentamento tra più liste, sono tra di esse comuni.

Prendiamo ad esempio l'Umbria e supponiamo ci sia la coalizione di centrodestra composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e centristi. Ciascuna di queste liste presenta un proprio elenco di 4 candidati nel collegio plurinominale, mentre nei 3 collegi uninominali staranno tutti sotto il nominativo di un candidato comune. Supponiamo ancora che nel collegio di Perugia candidino Pietro Laffranco: nella scheda ci sarà il nome di Pietro Laffranco e sotto di esso i simboli delle 4 liste che lo sostengono, ciascun simbolo seguito dai 4 candidati propri di quella lista nel collegio plurinominale dell'Umbria.

Mettiamo ora che ci sia una quinta lista che vorrebbe sostenere la coalizione di centrodestra e che debba raccogliere le firme perché non è rappresentata nel Parlamento uscente. Dal momento che i candidati comuni della coalizione possono essere decisi anche all'ultimo momento, all'atto del deposito, questa quinta lista non sarebbe in grado di poter raccogliere le firme perché mentre è in grado di sapere con congruo anticipo i candidati che presenterà nel collegio plurinominale, non può ancora conoscere i candidati comuni della coalizione nei collegi uninominali che, come detto, vengono decisi all'ultimo dopo serratissime trattative tra i partiti.

Di fatto quindi questa lista, così come ogni lista che deve raccogliere le firme, non è libera di decidere se andare o meno in coalizione, ma è obbligata ad andare da sola.


Secondo buco

Il secondo buco riguarda sempre gli apparentamenti tra più liste. Abbiamo già visto che devono presentare un candidato comune nei collegi uninominali. In concreto significa che all'atto del deposito delle liste tra il 29 e il 31 gennaio, le liste apparentate presentano una dichiarazione sottoscritta dai rappresentanti dei partiti con indicati i candidati dei collegi.
Quindi in Umbria i 4 partiti della coalizione di centrodestra presentano una dichiarazione congiunta in cui indicano che il candidato nel collegio uninominale di Perugia è Pietro Laffranco, nel collegio di Foligno è Mario Rossi e nel collegio di Terni è Giovanni Bianchi.

La dichiarazione di apparentamento va presentata insieme ai simboli delle liste presso il Ministero dell'Interno tra il 19 e il 21 gennaio ed è vincolante per tutta Italia. Quindi le 4 liste del nostro esempio sono apparentate in tutte le circoscrizioni d'Italia senza possibilità di eccezione. Cioè non può accadere che in Umbria le 4 liste siano apparentate e ad esempio in Sicilia la Lega non sia dentro la coalizione. E quando si depositano le liste tra il 29 e il 31 gennaio già si conoscono gli apparentamenti perché dichiarati una settimana prima (e certificati dal Ministero).

E qui nasce il problema: poniamo per ipotesi che all'atto del deposito delle liste qualcuno impazzisce, o semplicemente i partiti apparentati hanno litigato sui nomi da inserire, per cui in Umbria non tutti i rappresentanti dei 4 partiti firmano la dichiarazione con l'indicazione dei candidati dei collegi uninominali. Che succede? Il Ministero dell'Interno nelle sue istruzioni dà una parziale risposta dicendo che la lista che non sottoscrive la dichiarazione è esclusa da quel collegio plurinominale.

Quindi ad esempio se il rappresentante della Lega non firma quella dichiarazione, non presenta quei candidati nei collegi uninominali, non può ovviamente presentare propri candidati diversi (perché è in coalizione) e di conseguenza sarà esclusa la lista anche nel collegio plurinominale dell'Umbria (perché ciascuna lista presente nel collegio plurinominale DEVE avere anche i candidati nei collegi uninominali).

E fino qui fila tutto abbastanza liscio, dico abbastanza perché è il Ministero che ha deciso così nel silenzio della legge.
Ma cosa succederebbe se ciascuna delle 4 liste presentasse dichiarazioni con i candidati dei collegi uninominali una diversa dall'altra? Cosa succederebbe cioè se in Umbria Forza Italia dichiara di presentare nel collegio uninominale di Perugia Pietro Laffranco, la Lega candida a Perugia Salvini, Fratelli d'Italia la Meloni e i centristi Formigoni?
Il Ministero a chi riconoscerebbe la paternità della coalizione consentendo a quella lista di presentare il candidato indicato nel collegio uninominale e i propri candidati in quello plurinominale escludendo tutte le altre? Cosa troveremo nella scheda elettorale relativamente alla coalizione di centrodestra visto che non possono essere presenti le liste apparentate con differenti candidati nei collegi uninominali? Solo Forza Italia? E perché non invece la Lega o Fratelli d'Italia? E se questo dovesse accadere non solo in Umbria ma in tutta Italia?

Certo è una casistica quasi impossibile, ma se le liste apparentate fossero solo 2 e alla fine non dovessero mettersi d'accordo?

Mettiamo che ci sia un apparentamento PD-Lorenzin e basta e che non si mettano d'accordo sui candidati comuni per i collegi uninominali. Chi è "comanda" nella coalizione dal momento che né la legge né il ministero nulla dice in proposito?

Potrebbero esserci i seguenti scenari:

1) Il Ministero "scioglie" d'ufficio l'apparentamento e PD e Lorenzin vanno ciascuna per i fatti suoi. Problema: la legge non prevede che un apparentamento dichiarato possa essere rotto. Inoltre se questo litigio si verificasse non in tutta Italia ma solo in alcuni collegi questa soluzione non può essere applicata perché l'apparentamento deve valere per tutta Italia e non si può verificare il caso che in qualche regione PD e Lorenzin siano apparentati e in altre no.

2) il Ministero riconosce solo le liste del PD e i relativi candidati dei collegi uninominali e di conseguenza elimina le liste della Lorenzin perché non hanno firmato la dichiarazione comune dei candidati nei collegi uninominali. Problema: dal momento che non esiste nessun capo della coalizione e che le liste tra loro apparentate hanno pari dignità, perché il Ministero dovrebbe ammettere solo le liste PD e non fare l'inverso, cioè ammettere solo le liste della Lorenzin eliminando tutte quelle del PD?

3) Il Ministero non può fare altro che escludere entrambe le liste perché essendo apparentate, ma non avendo trovato l'accordo per candidati comuni nei collegi uninominali, vanno eliminate dalla competizione elettorale.
Ma se così fosse pensate quale potere ricattatorio avrebbe una lista nei confronti dell'altra. La Lorenzin potrebbe ricattare il PD minacciando di non accettare le candidature uninominali in tutta Italia se non accontentasse le sue richieste. 

Nella realtà, potrebbe accadere che la coalizione di centrosinistra sia composta da: PD, Civica e popolare della Lorenzin, +Europa con Emma Bonino e Insieme (verdi e socialisti).
E se la Lorenzin, +Europa e Insieme si mettessero d'accordo indicando candidati comuni nei collegi uninominali diversi da quelli indicati dal PD il Ministero che farebbe? Secondo le istruzioni che ha rilasciato dovrebbe eliminare il PD in tutta Italia...
E lo stesso potrebbe accadere nella coalizione di centrodestra dove Lega, Fratelli d'Italia e centristi potrebbero mettersi d'accordo per fare le scarpe a Forza Italia...

Bel capolavoro!

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